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Cessole: c'è il sole. Così recita la propaganda di campanile, anche se sembra più probabile che il nome di questo paese derivi da un patronimico abbastanza frequente tra i Liguri Stazielli, antichissimi abitatori della zona, vinti dai Romani verso il 173 avanti Cristo: Cissus, il cui diminutivo Cissolus prese poi la forma di Cessolae e Cessule nel toponimo latino la cui cadenza si ritrova pari pari nella forma dialettale.

Di certo sappiamo che occorre attendere il 1142 perché Cessole entri ufficialmente nella storia. In quell'anno insieme a molti altri territori e castelli appartenenti dal contado Albese sotto la protezione di Bonifacio del Vasto (marchese di Savona, discendente per quarta generazione di Aleramo) passava in eredità al di lui figlio Bonifacio Minore, così chiamato per distinguerlo dall'altro figlio Bonifacio Maggiore, marchese di Incisa. Bonifacio Minore fu il primo Marchese di Cortemilia e morì senza prole: il Marchesato andò allora in possesso di un altro suo fratello, Enrico marchese di Savona e Del Carretto, che nel 1191 fece atto di fedeltà al Comune di Asti. Caduta la repubblica di Asti, Cessole si resse da sé fino al 1315, quando Manfredo marchese di Saluzzo lo conquistò con le armi, vendendolo poi agli Scarampi, signori astigiani, che a loro volta lo cedettero al Re di Francia spadroneggiante in Asti e infine ne ritornarono in possesso, dopo una contesa con i Busca, nel 1436.

Il trattato di Cherasco, stipulato nel 1631, assegnava definitivamente il borgo ai Duchi di Savoia, nella cui orbita e predominio sarebbe poi rimasto. Il feudo di Cessole continuò ancora a cambiare 'titolare': per successivi matrimoni venne in possesso del marchese Scaglia Augusto conte di Verrua, la cui famiglia poi lo vendette nel 1775 al conte Onorato Spitalieri di Nizza Marittima.

Ma non sempre in quegli anni così movimentati tuonò il cannone da queste parti e alcuni episodi mettono bene in luce aspetti inediti di vita quotidiana. Correva l'aprile del 1640, l'annata già si delineava di fame, come e forse più delle precedenti, non soltanto per i motivi politici, le incursioni militari, ma anche per le tardive brinate, la prolungata siccità e la grandine copiosa. I nobili Sindaci e Consiglieri ritennero di poter alleviare gli stenti del popolo 'quando un po' di commercio e concorso di gente anche dal di fuori si fosse richiamata al paese, con un giorno di mercato alla settimana e due fiere l'anno'. Il medesimo verbale comunale osserva che 'non essendovi alcun guadagno per il sostegno del popolo, ed acciocché avendo li particolari del luogo robbe e bestiami, in tali giorni li venderanno, e potranno fornirsi in loco dai negozianti forestieri per quelli generi si trovino mancanti.'

Intanto alla torre e al castello di Cessole era stata affissa una grida del Marchese di Spigno, con la quale il nuovo feudatario annunciava l'istituzione a Spigno, in data 23 novembre 1639, di una fiera franca, esente cioè da dazio, dogana e altri balzelli. Incoraggiati da queste notizie e spinti dalle urgenti necessità del paese, gli amministratori cessolesi si riunirono il 1 maggio 1640, incaricando Henrietto Negro di presentare personalmente al Marchese di Spigno la seguente supplica: 'Sendo il luogo immune e franco, come consta da investitura imperiale, essere bene sollecitare da S.V. Ill.ma per ottenere di poter fare mercato un giorno la settimana, al mercore, essendo il più congruo alle terre circonvicine, per non disturbare li altri mercati che si fanno lontano otto milia. Come anco di poter fare fiera franca al 26 agosto a Sant'Alessandro, e al 1 maggio, festa dei Santi Apostoli Giacomo e Filippo'. Fu questo il primo mercato che venisse aperto in Valle Bormida e precisamente nel giugno 1640.

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